19 Feb
19Feb

Generale, il tuo carro armato è una macchina potente
spiana un bosco e sfracella cento uomini.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un carrista.

Generale, il tuo bombardiere è potente.
Vola più rapido d’una tempesta e porta più di un elefante.
Ma ha un difetto:
ha bisogno di un meccanico.

Generale, l’uomo fa di tutto.
Può volare e può uccidere.
Ma ha un difetto:
può pensare.


Per parlare della pace ai giorni nostri ho deciso di analizzare “Generale” di Bertolt Brecht perché, sebbene sembri crudele nei confronti dell’uomo, secondo me mostra la lontananza e allo stesso modo la vicinanza che c’è tra la guerra e la pace. 

Questo concetto è evidenziato dalle anafore presenti nel testo; infatti, all’inizio di ogni strofa il poeta ripete la parola “generale” e indica un aspetto della guerra. In seguito, ripete la frase “ma ha un difetto” ed espone qualcosa che ostacola la guerra. Con ciò il poeta mi ha fatto capire che, con la poesia, si riferisce a un generale che vanta la guerra e le sue armi che però, come nota Brecht, hanno tutte un difetto: il carro armato ha bisogno di essere guidato da un carrista, il bombardiere di un meccanico che lo possa aggiustare e l’uomo, che dovrebbe far funzionare e usare queste armi, è in grado di pensare, quindi, di scegliere di aiutare il prossimo piuttosto che ucciderlo, di ribellarsi alla guerra e preferire la pace. 

È proprio questo, secondo me, il punto cruciale della poesia: infatti, i difetti che mette in risalto il poeta sono tali se si pensa alla guerra ma non lo sono se si pensa alla pace; inoltre, a mio parere, è l’uomo che rappresenta sia la lontananza, sia il punto in comune tra la guerra e la pace; infatti, è da esso che dipendono entrambe le cose. Se l’uomo, per esempio un soldato, usasse quel difetto, che è pensare, a favore della pace e non per la guerra, non creerebbe armi per combattere, per rovinare città e vite innocenti e preferirebbe prendere in braccio un bambino piuttosto che un fucile. Tutto dipende dalle decisioni che si prendono. 

Riguardo ciò, vediamo la situazione ai giorni nostri: possiamo equiparare la figura del generale ai governatori odierni, che professano il desiderio di pace, ma in realtà non fanno niente per raggiungerla, anzi, il contrario; basti pensare che nel 2025 il mondo è ancora invaso dalle guerre, come il conflitto russo-ucraino e quello israelo-palestinese. 

Chi meglio dei cittadini di questi paesi può capire il vero valore della pace? Infatti, poiché non è presente nelle loro vite, la desiderano ardentemente, apprezzandola in tutta la sua bellezza, ma non riescono a pensarci nel contesto in cui vivono. Secondo me, ai giorni nostri, il valore della pace, o comunque la pace stessa, viene rappresentata proprio in questo modo: un desiderio quasi raggiungibile che non siamo capaci di pensare perché, purtroppo, la nostra vista è offuscata dalla guerra, ed è questa la radice del problema perché se l’uomo non riesce a pensare alla pace non riesce neanche a concretizzarla. 

Concludo affermando di dovermi ritenere fortunata a vivere in un paese non afflitto dalla guerra, dove un difetto, cioè il pensiero speranzoso di un uomo, si è focalizzato sulla pace e ha prevalso sul pensiero di un generale concentrato sulla guerra e non sulla vita. 

Francesca Stellato, II D (Liceo Classico)

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