I cortei in maschera e i carri allegorici, che percorrono le stradine del centro storico di Bosa nelle giornate del carnevale, richiamano ogni anno centinaia di turisti provenienti da ogni parte dell’Isola. I momenti più suggestivi sono quelli del così detto “Gioggia Laldaggiolu” con le maschere tradizionali che vanno alla ricerca de sa palte e cantare, ossia della ricompensa per i canti eseguiti in giro per la città.
Senza dubbio le maschere che più piacciono ai turisti e ai Bosani stessi sono S’ Attittidu e Giolzi. Nella mattinata del Martedì Grasso, dedicata alla sfilata di S’Attittidu, i visitatori hanno l’impressione di assistere alla rappresentazione di una tragedia: le maschere sono quelle di vedove in lutto che chiedono ai passanti, tra pianti e urla di disperazione, “unu ticchirigheddu” cioè un goccio di latte per alimentare i propri figli, rappresentati da bambolotti tenuti in braccio ed esibiti. Queste scene rappresentano allegoricamente un lamento per il carnevale che ormai si sta concludendo. Non mancano in modo satirico i riferimenti sessuali. La maschera è rappresentata da un uomo o da una donna vestiti da vedove. Si indossano abiti tipicamente femminili: sa camiggia, una camicia, sa unnedda, la gonna e sa giacchedda, una giacca; la testa è coperta da su muccaloru, un fazzoletto e s’ishallu, lo scialle o un velo che nasconde in parte anche il volto annerito col sughero bruciato o lucido per scarpe.
Calata la sera, tolti gli abiti neri del lutto, donne, uomini e bambini si vestono con delle lenzuola bianche che coprono anche il capo; alcuni portano delle colorate lanterne di carta, dentro alle quali è presente una candela. Vanno a cercare Giolzi, simbolo anch’esso del Carnevale che muore, ma che per loro è rappresentato da una ragazza attorno alla quale si stringono gridando “Giolzi, Giolzi!”, "Ciappadu, ciappadu!”. A tarda notte, dopo che tutti si sono divertiti, ci si riunisce nella piazza principale di Bosa, Piazza IV Novembre, per osservare grandi pupazzi di paglia che bruciano, simbolo del carnevale ormai concluso.
Una tradizione, quella del Carrasegare 'osincu, che non lascia fuori nessuno, non ammette distinzioni tra attori e spettatori, adulti e bambini, cittadini e forestieri, le vie della città risuonano di voci, canti e feste trasmettendo un’energia particolarmente travolgente che, di generazione in generazione, ancora coinvolge con passione e segna.
Sono trascorsi già due anni da quando le restrizioni legate al Covid non hanno consentito di prendere parte ed assistere, come di consueto, a queste singolari manifestazioni che tuttavia rimangono profondamente radicate nel costume dei cittadini bosani. Anche quest’anno, dunque, lo spirito che da decenni anima molte delle maschere tradizionali del carnevale bosano rimarrà sopito ma solo momentaneamente in attesa di essere risvegliato con rinnovato vigore.
Eleonora Barraccu, III D Liceo classico